Menu di navigazione+

Novembre, il mirto

Pubblicato il 1/Nov/2010 in Flora salentina

Maturano adesso le bacche del mirto.

È il mirto una pianta tipica della macchia mediterranea e grandi cespugli modellati dal vento e dalla salsedine caratterizzano le dune sabbiose alle spalle della costa rocciosa che collega Mancaversa al Parco regionale di Punta Pizzo.

Il myrtus communis è un bel cespuglio tondeggiante che cresce fino a circa tre metri, con belle e profumate foglie persistenti, di un verde intenso, ceroso, che al tatto emanano un profumo aromatico, intenso e gradevolissimo. Sullo sfondo di questa cortina compatta e lucente da maggio in poi si aprono i piccoli fiori bianchi profumati, dai lunghi stami piumosi. Le bacche , verdi in estate, diventano in autunno di un bel blu nero violaceo e, in genere, per S.Martino (11 novembre) sono mature.

È pianta antica il mirto, che ha partecipato, fin dalla più remota antichità, alle gioie e ai dolori degli uomini e delle donne che hanno abitato ed abitano intorno a questo mare.

Nella mitologia greca è spesso presente.

Si narra che Myrsine, fanciulla attica così brava nella corsa da battere i giovanotti nei giochi ginnici, sia stata uccisa da un giovane invidioso della sua vittoria. Athena, dea della sapienza, della saggezza, della tessitura , delle arti e della guerra, impietosita, la trasformò in questo arbusto profumato (myrtos= essenza profumata). Per questo nel mondo classico si offrivano corone di mirto agli atleti vittoriosi ed ai poeti.

Bacco, dio dell’uva e del vino, quando si recò agli Inferi per liberare la madre Semele fulminata da Giove, lasciò in cambio una pianta di mirto. Per questo il nostro arbusto decorava i sepolcri in segno di affettuoso ricordo.

Afrodite infine, dea della bellezza, dell’amore e della fertilità, appena sorta dalla spuma del mare trovò rifugio in un boschetto di mirto. Così il mirto divenne simbolo di amore felice; se ne intrecciavano ghirlande per le spose. Anche chi partiva per fondare una nuova colonia si cingeva di mirto, come augurio di buona sorte. In Salento, di queste doti propiziatorie della mortella, il mondo contadino manteneva memoria. Celebrato infatti un matrimonio e trascorsi gli otto giorni in cui  gli sposi ricevevano il cibo già cucinato dalla madre dello sposo “gli otto giorni della brace”, le due consuocere  impastavano il pane e panificavano insieme, possibilmente di lunedì ( il giorno della luna) dando alle pagnotte  forma di seni accoppiati in mezzo ai quali sistemavano rametti di mirto. Inauguravano  così la nuova madia e, dopo averla riempita, ribaltavano il coperchio e vi facevano sedere la nuova sposa. Recitavano allora, tutte tre  insieme la formula  “ti ‘ncantinamiéntu cu lla bbona sorte” (di legatura con la buona sorte):

“A lluna ca si corca/ sole ca si azza/ a ppasta scanata/ spica biunniggiata;/ a ffìgghiu ca nasce/ pane ca cresce./ nni bbinitica lu Patre/ nni binitica lu Figghiu/ nni bbinitica lu Spiritu Santu/ cu lla Matonna/ e tutti li Santi!”
(La luna che si corica/ il sole che si alza/ la pasta lavorata/ la spiga che biondeggia/ ogni figlio che nasce/ il pane che cresce./ Ci benedica il Padre/ ci benedica il Figlio/ ci benedica lo Spirito Santo/ con la Madonna/ e tutti i Santi!).

La luna era considerata propizia ad ogni gestazione: della terra e della donna. Il mirto inoltre, dalle belle bacche rotonde come un ventre gravido,trascorsi tre cicli lunari dal matrimonio, veniva legato, in fase di luna crescente, sul ventre delle nuove spose non ancora gravide per propiziarne la fecondità.

Nel mondo ebraico compare il mirto dal buon profumo nel mazzetto della festa di Sukkoth. Secondo antiche leggende arabe Adamo portò con sé dal Paradiso terrestre un ramo di mirto in ricordo della vita felice e senza peccato.

In molti cerimoniali religiosi il mirto si bruciava come l’incenso e, più prosaicamente, conferisce un ottimo sapore alle carni arrostite sulla sua brace.

Con le foglie , i fiori , le bacche e la corteccia si preparavano sacchettini da immergere nell’acqua del bagnetto dei neonati. “L’acqua degli angeli” è infatti un ottimo tonico e antisettico. Ancor oggi “l’acqua angelica” viene distillata ed usata in profumeria. Per me e la mia amica Antonietta le giornate di sole e di vento della “estate di S.Martino” sono dedicate alla raccolta di queste bacche violacee. Approfittiamo del sole per la passeggiata e delle sere intorno al camino per chiacchierare e lavorare le bacche.

Confezioniamo con esse un ottimo liquore (apprezzatissimo da amici e parenti) ed una marmellata particolarissima, aromatica e resinosa.

Ricetta del liquore di mirto: Mettiamo a macerare 1Kg di bacche ed un rametto intero ( con foglie e legno) in 1 litro di alcool a 90 gradi. Lo lasciamo in infusione per un paio di mesi. (Quando passo davanti al barattolo lo sbatto un po’). Prepariamo lo sciroppo con un litro e mezzo di acqua e 750 grammi di zucchero. Una volta bollito e raffreddato lo mescoliamo con l’alcool aromatizzato dall’infuso di bacche. Filtriamo e imbottigliamo.Dopo sei mesi circa lo si può gustare: è digestivo, antisettico e gradevolissimo.

Marmellata di mirto: Raccolte e lavate circa un Kg di bacche si cuociono in un pentolone con cinque o sei mele. Si passa il tutto al passaverdura e si raccoglie la purea che se ne ricava. Si pesa e si aggiunge lo zucchero in ragione di 8hg. per un Kg. di purea. Si cuoce e si versa in barattoli sterilizzati quando la marmellata è ancora calda. Ottima su una fetta di pane abbrustolito e un piccolo strato di ricotta.

Oggi, primo novembre, la giornata è stata caratterizzata da un allegro, umido e caldo scirocco. Momenti di sole intenso e di cielo plumbeo si sono avvicendati in continuazione ma la temperatura è stata gradevole:max: 19,5 gradi, minima della notte:17,4 gradi.