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Serra dell’Alto: una serra, una specchia, una chiesa: una storia lunga millenni

Pubblicato il 28/Mag/2015 in Miscellanea

Madonna dell'AltoQuando, tra Torre S.Giovanni e Gallipoli, per il traffico estivo o gli immancabili smottamenti primaverili della carreggiata, si abbandona la litoranea, seguendo diligentemente l’indicazione : TUTTE LE DIREZIONI  (e nessuna in particolare), ci si ritrova sparsi tra gli uliveti e si perde ogni speranza di riguadagnare il mondo. All’improvviso però, salvifico, compare, isolato, un cartello : MADONNA DELL’ ALTO MARE. Allora si prende nella direzione opposta e, dopo qualche curva, in lontananza si intravedono paesi e il mare.
Il cartello però, sempre lì e sempre vigile, dopo svariati incontri, riesce fatalmente ad attrarre e in una mattinata di sole si decide di seguire il suo invito. A quel punto di nuovo curve, uliveti che ombreggiano campi di patate, stradine ben curate che tornano nella indistricabile foresta di ulivi, fino ad un nuovo cartello: TUTTE LE DIREZIONI.
Allora , in un’altra mattinata di sole, con la guida di amici esperti, si va, senza alcuna difficoltà: scegliendo tutti i bivi giusti , alla Serra dell’Alto e da allora la si riconosce sempre: con i suoi 89 metri sul livello del mare si erge tra Felline e il mare e si vede da ogni punto ed a sua volta permette un’ampia visuale su tutto il territorio circostante.
E’ qui una delle tantissime testimonianze della storia e della civiltà (e inciviltà)  millenaria di questa terra amata dal più remoto passato. La posizione dominante e strategica ne ha fatto, fin dall’età del bronzo, una località privilegiata per la difesa e per il culto. Lo testimoniano frammenti di ceramiche di uso cultuale rinvenuti negli anni ’70 del secolo scorso ( durante gli scavi per una costruzione poi mai terminata), indicanti un’ ininterrotta frequentazione del sito dal XV sec. a.C.. Sempre negli anni ’70. per far spazio ad un ampio piazzale e ad una pineta, l’antica specchia subì l’onta di essere spostata dalla sua dominante collocazione originaria ( proprio di fronte alla chiesetta), per lasciare spazio ad un ampio parcheggio. Se ne ricavò materiale per una grandiosa scalinata digradante verso Felline e il resto del “pietrame” fu accumulato un po’ più in là, in una simil-specchia che ricordasse  l’antica ma senza disturbare più di tanto.
In epoca bizantina qui si insediarono i monaci basiliani, di cui restano testimonianze anche se oggi non visibili. La chiesetta attuale, con l’ingresso verso il tramonto, è spoglia e modesta all’esterno, senza particolari attrattive. Entrandovi però, con sorpresa e meraviglia, si è accolti da due sopravvissuti  affreschi cinquecenteschi di ottima fattura.La ristrutturazione dell’abbazia si deve ai Tolomei, feudatari di Felline che ne allungarono l’asse e commissionarono successivamente i due affreschi superstiti.
Il primo che si coglie entrando, sulla parete di fondo, rappresenta la Trinità con la Colomba, Dio Padre e il Crocifisso, il tutto armoniosamente inserito in una sontuosa cornice che ha , al suo culmine, la “Veronica” raffigurante il volto di Cristo.
Volgendo lo sguardo a destra si può ammirare il secondo affresco raffigurante una bella Madonna in trono ( molto simile a quello di Dio Padre) con il Bambino benedicente. In caratteri latini le lettere che indicano la Mater Dei e di tradizione occidentale la benedizione del Bambino e la visione prospettica del trono. In basso a sinistra sono chiaramente visibili i committenti: Lucio, Camillo e Porsia. Inginocchiati, hanno tutti in mano , anzi ostentano ( date le proporzioni) , un rosario, di grande valore simbolico in quegli anni (siamo nel 1577).  Il 7 ottobre 1571 a Lepanto la Lega Santa aveva sbaragliato la flotta turca. Un apporto decisivo fu dato, secondo papa Pio V, dalla recita del rosario, fortemente voluta dal Pontefice che istituì poi la Festa di S. Maria della Vittoria ribattezzata  nel 1573 da papa Gregorio XIII come festività della Madonna del Rosario.  Erano quindi passati solo quattro anni  dalla proclamazione di quella solennità. Voglio aggiungere una osservazione un po’ peregrina, senza alcuna pretesa da critica d’arte, quale non sono. Gli oranti mi sembrano di mano ben diversa e più popolare rispetto all’autore dei dipinti.Mi fanno pensare ad una sovrapposizione a dipinto ultimato, e pittore partito, forse proprio per enfatizzare la nuovissima e apprezzata proclamazione. In terra d’Otranto questa nuova festività doveva essere particolarmente sentita per il ricordo ancora vivo e sanguinante del sacco d’Otranto del 14 agosto del 1480.
Di minor impatto ma ancora leggibili sono ex-voto a carboncino verso l’ingresso e gradevoli sono anche dei disegni dipinti nel piccolo locale adiacente.
La festa attualmente la si celebra la prima domenica successiva alla Pasqua con grande partecipazione della Comunità di Felline nel cui feudo la piccola chiesa ricade. Notizie più dettagliate possono trovarsi sul sito ufficiale del Comune di Alliste ( nel cui comprensorio rientra Felline) e sui siti. prolocosalento.it e salogentis,it.


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