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La musica nella Japigia di Aristosseno

Pubblicato il 28/Giu/2011 in Ceramica, Miscellanea

Visitando il Museo provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce sono rimasta ammaliata dalla bellezza di una mostra ancora allestita sulla musica nella Japigia di Aristosseno, cioè tra il V e il IV secolo avanti Cristo.

É un’emozione stordente vedere qui raccolti reperti che sono in grado di parlarci con immediatezza di un mondo, di una musica, di uomini e donne danzanti, pieni di vita, anche se vissuti 2500 anni fa.
Si ricostruisce, con strumenti e ceramiche un mondo permeato dalla musica.

Le raffigurazioni sui vasi ritrovati a Egnazia, Rudiae, Ruvo, Rocavecchia o altrove ci trasmettono l’immagine della aristocrazia locale del V e IV secolo a.C. modellata sì su modelli greci, ma con una sua libertà interpretativa.

La produzione magnogreca indigena affascina per la libertà dell’ornato, la freschezza del tratto in raffigurazioni dove  la musica e il culto di Dioniso primeggiano. Una larga preferenza è accordata alle scene dionisiache con ambientazioni agresti e notturne delle feste orgiastiche.

Nelle splendide ceramiche a vernice nera con figure rosse poi sovraddipinte in bianco, giallo, bruno e paonazzo con un effetto unico di grande ricchezza e movimento nel cosiddetto stile di Gnathia domina il tympanon: il tamburello mai più dimenticato. Nel mondo che fu messapico abbonda, ben più che nella Grecia classica, la raffigurazione di tralci di vite, maschere teatrali, attributi dionisiaci. La Magna Grecia e Taranto in particolare furono il punto di partenza della espansione dionisiaca e ne restarono anche l’ultima roccaforte. “Tu che prediligi l’illustre Italia” dice di Dioniso il coro dell’Antigone alludendo al fatto che le coste dell’Italia meridionale costituivano una delle dimore elettive del dio.

danza tamburello ceglie messapicaSu questi crateri, su queste anfore il tamburello è ancora palpitante e suonato indifferentemente da uomini, donne, menadi, satiri ritmicamente danzanti. Tutto è ancora così vivo e magistalmente dipinto che i riflessi e l’eco di quegli strumenti e di quelle danze ancora vivono nelle notti d’estate nelle piazze del Salento.