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Agosto , il fico d’india

Pubblicato il 28/Ago/2012 in Ceramica, Flora salentina

Il fico d’india, Opuntia ficus -indica, vive dappertutto e con la sua struttura scultorea caratterizza il paesaggio. Cresce nei terreni aridi, facendo tesoro delle piogge invernali. Delimita orti e frutteti. Si erge sulle rocce ed ai margini delle strade. I suoi  frutti: gialli, arancio, bianchi o purpurei maturano adesso, alla fine di agosto e accendono di colore ogni scorcio con la loro bellezza opulenta.

Ricchi di zuccheri e dissetanti, dolci nel sapore, ma difficili da sbucciare sono una spinosa tentazione per chi li incontra per la prima volta. Basta staccarli dalla pianta con cautela (cogliendoli con un bicchiere di plastica o un barattolo aperto). Si recide con un coltello la calotta superiore e poi quella inferiore ed infine si incide la buccia del frutto in senso longitudinale. Sguscierà allora, senza fatica, dalla sua armatura spinosa, un lucente, umido frutto, inerme e profumato, pronto per essere gustato.

Io ne ricavo un sorbetto delizioso. Denudati i frutti, li passo al passaverdura eliminando così i semi legnosi e raccogliendo la bella polpa colorata. Aggiungo alcuni cucchiai di zucchero, il succo di un limone e un bicchierino di limoncello se i frutti sono chiari od uno di liquore di mirto se sono purpurei. A questo punto metto il composto nella gelatiera (od anche direttamente nel congelatore ricordando di girarlo parecchie volte prima che congeli) ed ottengo un sorbetto delizioso, colorato, rinfrescante, con tutto il sapore dell’estate.

Non vi posso raccontare alcun mito mediterraneo che narri dei fichi d’india. Quando qui ancora regnavano gli antichi dei capaci di trasformare giovinetti in fiori, ninfe in fonti, ragazze in arbusti fioriti, i fichi d’india non c’erano. Abitavano molto oltre le colonne d’Ercole, in quello che sarà il Nuovo Mondo, non ancora sognato e tantomeno scoperto.
Furono introdotti in Europa dai conquistatori spagnoli alla fine del ‘400, inizi del ‘500 e presto coltivati in Spagna e nelle Canarie. La diffusione in Sicilia ed in Italia meridionale è attestata nel ‘600 e da allora la pianta si è adattata a meraviglia, diffondendosi e naturalizzandosi un po’ ovunque,anche nelle zone più aride e inospitali.

Oggi caratterizza il paesaggio ed è di ispirazione alla mia ceramica : la pala si presta bene  ad essere realizzata in terra rossa e poi maiolicata e dipinta imitando così l’usanza tradizionale  di appendere le pale più ricche di frutti per conservarle per la tavola di Natale. Le mie “pale” possono essere usate come vassoi e poi, finito l’uso , appese per donare colore ad una parete bianca.


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